La solitudine interiore è una condizione emotiva e psicologica in cui una persona sperimenta dentro di sé un profondo senso di isolamento, vuoto esistenziale o distacco.
Questo particolare stato può manifestarsi come una mancanza di connessione emotiva con gli altri, una sensazione di estraneità verso sé stessi o anche un senso di disconnessione dalle proprie emozioni e bisogni profondi.
Il senso di solitudine interiore non è necessariamente legato all’assenza fisica delle altre persone, ma piuttosto riflette una percezione di isolamento profondo e persistente che può influenzare negativamente il benessere emotivo e mentale di un individuo.
Come avrò modo di spiegare più a fondo andando avanti nella lettura, c’è una differenza sostanziale tra l’essere da soli fisicamente, anche per periodi medio-lunghi, ed il sentirsi soli sul piano emozionale.
Nell’articolo ti illustrerò l’impatto sociale della solitudine con i numeri aggiornati al 2023, le motivazioni psicologiche profonde del perché ci si sente soli, quali sono le cause più comuni del sentirsi soli e tristi e gli insegnamenti che possiamo ricavare da questa condizione.
Nel corso della lettura imparerai anche a conoscere meglio questa condizione esistenziale e ad utilizzare lo spazio interiore che si viene a creare come opportunità unica di ascolto e di manifestazione della propria dimensione più autentica.
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La solitudine: alcune cifre
La solitudine è un problema diffuso e rilevante nella società contemporanea, e alcune cifre possono aiutarci a comprendere meglio l’entità e la gravità di questa condizione.
Secondo recenti studi condotti su un campione di persone di età superiore ai 18 anni, circa il 60% delle donne e il 40% degli uomini ammette di aver sperimentato almeno occasionalmente la solitudine interiore. Questi dati riflettono quanto la solitudine sia un’esperienza comune, soprattutto tra le donne. La solitudine, tra l’altro, può colpire persone di tutte le età, compresi gli anziani, con oltre il 30% delle persone over 65 che riferiscono di sentirsi sole in maniera significativa.
Lo studio più aggiornato risale allo scorso anno (2023), è stato condotto dallo U.S. Department of Health and Human Services ed è intitolato “La nostra epidemia di solitudine ed isolamento” (in inglese “Our Epidemic of Loneliness and Isolation”), riferendosi soprattutto a quanto accade nel mondo occidentale.
Alcuni dei punti più importanti che sono stati evidenziati da questo studio sono:
- La necessità inalienabile di connessioni umane. Da tempi immemori, gli esseri umani hanno costruito e cercato le connessioni sociali, ma nel corso del tempo questo bisogno ha incontrato difficoltà crescenti e dinamiche contrarie di isolamento che hanno iniziato a farsi sempre più spazio.
- Le relazioni sociali esercitano un potente impatto sulla nostra salute e sul nostro benessere complessivo, portando una trasformazione radicale nella vita di ciascun individuo.
- Le connessioni sociali sono la base su cui si erige una comunità sana e prospera, dal momento che le relazioni interpersonali si riflettono direttamente sulla salute e sul successo collettivo.
- È possibile dedicarsi insieme alla promozione delle connessioni sociali, contribuendo così al miglioramento tangibile della salute della collettività. Del resto, una comunità è fatta dalla sinergia di più individui singoli, quindi ognuno dei suoi componenti ha un’influenza diretta sulle dinamiche collettive.
Lo studio ha anche evidenziato che il tasso di solitudine tra i giovani adulti è andato costantemente a crescere ogni anno tra il 1976 e il 2019. Nel 2018, solo il 16% degli americani ha affermato di sentirsi molto attaccati alla loro comunità locale. Un’altra affermazione interessante dello studio è che la mancanza di connessioni sociali è pericolosa per la salute quanto fumare fino a 15 sigarette al giorno.
Una sintesi di dati derivanti da 16 studi longitudinali indipendenti ha mostrato che relazioni sociali povere o di scarsa qualità (isolamento sociale, scarso supporto sociale, solitudine esistenziale) erano associate ad un aumento del 29% del rischio di malattie cardiache e un 32% di aumento del rischio di ictus. Questi effetti possono iniziare molto presto nella vita, anche in giovane età, ed estendersi per tutta la sua durata.
Relazioni interpersonali di qualità, alimentate per tutta la durata dell’esistenza, sono in grado quindi di aumentare l’aspettativa stessa di vita e di migliorare la salute complessiva dei singoli individui.
Solitudine, definizione e significato
La solitudine che, come abbiamo visto, è sempre più una condizione presente nell’esistenza umana, rappresenta un profondo stato di isolamento emotivo e sociale. Questo sentimento va oltre la semplice assenza di compagnia fisica ed è spesso caratterizzato da una mancanza di collegamento profondo con gli altri, un senso di vuoto interiore e talvolta un isolamento autoimposto.
La solitudine può manifestarsi sotto diverse sfumature, dall’isolamento sociale a quello emotivo, e può avere un impatto significativo sulla salute psicofisica di un individuo.
Andiamo adesso ad approfondire questi aspetti.
Che differenza c’è tra stare da soli e sperimentare la solitudine interiore?
Come prima cosa, è fondamentale evidenziare che l’essere da soli fisicamente di solito è una condizione temporanea, mentre il senso di solitudine trascende del tutto l’assenza fisica di altre persone, essendo a tutti gli effetti uno stato psicologico, che possiamo anche indicare come “sentirsi soli”.
La solitudine interiore può essere quindi inquadrata come la trasposizione sul piano psicologico dell’isolamento sociale, che si traduce in una sensazione costante di disconnessione e in un divario anche marcato tra le relazioni interpersonali reali e quelle che invece si vorrebbe avere, sia come quantità che come qualità.
Molti individui traggono gioia ed energia dal divertimento e dall’interazione sociale, ma allo stesso tempo esistono anche persone che trovano serenità nel momento in cui restano in compagnia solo di loro stesse, alla ricerca attiva di un proprio spazio interiore.
Persone introverse ed estroverse: quali sono le differenze?
Questa, tra l’altro, è anche la differenza sostanziale tra persone estroverse e persone introverse. Le prime guadagnano energia dall’interazione con gli altri, sono naturalmente orientate verso la compagnia, mentre le seconde tendono facilmente a perdere energia al contatto con gli altri e manifestano molto poco i loro stati d’animo e i loro pensieri.
Si potrebbe quindi pensare a prima vista che le persone introverse siano più a rischio di soffrire di solitudine emotiva o esistenziale, ma le cose non stanno esattamente così.
Certamente gli introversi passeranno per natura più tempo da soli con sé stessi o circondati da poche persone, ma non è affatto detto che soffrano di più di solitudine o che sentano il bisogno di passare più tempo con gli altri.
Se si scava in profondità oltre la maschera esteriore ed i ruoli sociali che ciascuno di noi gioca più o meno consapevolmente, non è per niente infrequente percepire una grande solitudine lamentata proprio dalle persone estroverse, che paradossalmente potrebbero avere più difficoltà a costruire relazioni sociali di qualità e appaganti secondo i loro standard.
Al di là di questa distinzione, l‘esperienza di essere soli fisicamente è qualcosa che capita a tutti in svariate circostanze. È comunque importante sottolineare che questo stato è radicalmente diverso dal sentirsi soli e affrontare una solitudine interiore che porta con sé una marcata sensazione di isolamento e scollegamento.
Nel caso della solitudine interiore, ciò che emerge spesso è una sofferenza profonda, un vuoto esistenziale che può avere motivazioni profonde e allo stesso tempo sfumate, sfociando in un senso di isolamento che va ben al di là della semplice assenza di compagnia fisica.
Solitudine emotiva e solitudine sociale: le differenze individuate dal Dr. Weiss
Il dottor Morris B. Weiss è stato un importante psicologo che ha contribuito allo studio e alla comprensione della solitudine, in particolare attraverso la sua distinzione tra solitudine emotiva e solitudine sociale. La sua opera più nota in questo campo è il libro “Loneliness: The Experience of Emotional and Social Isolation” pubblicato nel 1973.
Weiss ha delineato chiaramente le differenze tra queste due forme di solitudine:
- Solitudine emotiva. Questo tipo di isolamento è principalmente legato all’esperienza di un vuoto emotivo o ad una mancanza di connessione emotiva significativa con gli altri. Una persona può sentirsi emotivamente sola anche quando è circondata da molte persone. È caratterizzata da sentimenti di isolamento, malinconia e distacco dalle emozioni degli altri. Questa forma di solitudine si concentra sull’assenza di legami profondi e significativi nelle relazioni personali.
- Solitudine sociale. In contrasto, la solitudine sociale riguarda principalmente l’assenza di contatti umani o la mancanza proprio di compagnia fisica. Una persona può sentirsi socialmente sola quando non ha abbastanza interazioni con gli altri o quando sperimenta una mancanza di coinvolgimento collettivo. Questa forma di isolamento può essere transitoria, come quando una persona si trova in una nuova città o in una situazione in cui non ha ancora molte persone da frequentare.
Weiss ha sottolineato che sia la solitudine emotiva che quella sociale possono avere un impatto significativo sullo stato mentale e sul benessere complessivo di un individuo.
La distinzione tra queste due forme di solitudine è importante perché richiede diverse strategie di intervento. Ad esempio, la solitudine emotiva può richiedere un lavoro più profondo sulla consapevolezza emotiva e sulle abilità relazionali, mentre la solitudine sociale può essere affrontata attraverso l’implementazione di strategie pratiche per aumentare le interazioni sociali e il coinvolgimento nella comunità.
Solitudine esistenziale come conseguenza dell’isolamento
La solitudine sociale descritta sopra si collega al concetto importante dell’isolamento doloroso, che si riferisce a un’esperienza di solitudine o di isolamento sociale particolarmente angosciante e avvertita come fonte di sofferenza emotiva.
Alcuni aspetti chiave dell’isolamento doloroso includono:
- Sensazione di abbandono. Le persone che vivono questo tipo di segregazione si sentono spesso respinte dagli altri fino ad arrivare a manifestare una vera sindrome dell’abbandono, anche se questo non è necessariamente il loro caso oggettivo.
- Sofferenza emotiva intensa. Questo tipo di solitudine può portare ad una sofferenza particolarmente pervasiva, che può manifestarsi come tristezza, ansia, disperazione o persino attacchi di rabbia.
- Senso di inutilità o inadeguatezza. Le persone possono sentirsi inadeguate o inutili quando sperimentano l’isolamento doloroso, spesso svalutando sé stesse e le proprie abilità.
- Impatto sugli equilibri interni della persona. L’esclusione dolorosa si può associare facilmente a problemi di salute mentale come depressione e ansia, contribuendo nei casi estremi anche ad alimentare ideazioni suicidarie.
- Perdita di sostegno sociale. Questo tipo di isolamento può portare alla perdita delle reti di supporto sociale, anche quelle più di base, rendendo ancora più ostico affrontare le piccole e grandi sfide della quotidianità.
L’isolamento doloroso può derivare da diverse cause, tra cui la perdita di una relazione importante, un cambiamento cospicuo di vita, l’invecchiamento, problemi di salute o esperienze traumatiche derivanti dal passato.
Una delle conseguenze più comuni dell’isolamento doloroso è la solitudine esistenziale, un concetto filosofico e psicologico che si riferisce al sentirsi soli e vuoti nell’affrontare le grandi domande dell’esistenza umana, come il significato della vita e della morte, il ruolo dell’uomo all’interno dell’Universo, la finitezza dell’esistenza, la presenza e le caratteristiche dell’aldilà e in generale della vita dopo la morte.
Molti pensatori esistenzialisti, come Jean-Paul Sartre e Albert Camus, hanno affrontato questo tema nelle numerose opere che ci hanno lasciato.
Le cause profonde della solitudine interiore. Perché ci si sente soli?
Ci sono almeno 3 casistiche di persone che si sentono sole, pur muovendosi in contesti di vita e sociali ben differenti tra di loro.
1) Nel primo caso, si tratta di persone che sembrano avere una vita sociale attiva, partecipando anche a molte relazioni ed eventi, con un buon numero di amici e relazioni familiari apparentemente positive. È sostanzialmente il ritratto della persona estroversa che ti ho fatto sopra.
Nonostante questa apparente connessione si sentono profondamente sole in mezzo alla gente.
In questo scenario, la sfida non è necessariamente la quantità di relazioni, ma la loro profondità e qualità. Queste persone potrebbero riflettere su come impostano e gestiscono le loro relazioni, se sono davvero disposte ad aprirsi emotivamente, condividere le esperienze personali e ricevere supporto in momenti difficili. La causa della solitudine potrebbe risiedere nella mancanza di legami umani autentici e senza filtri, nonostante un numero importante di amici e conoscenti.
2) Nel secondo caso, alcune persone sembrano godere della compagnia degli altri ma si sentono completamente incapaci di tollerare il tempo trascorso da sole. Questo potrebbe suggerire una mancanza di contatto con le proprie emozioni o la presenza ingombrante di esperienze passate traumatiche di varia natura. Qui la solitudine non è solo dovuta alla qualità delle relazioni esterne, ma alla mancanza di congiunzione con sé stessi. La società spesso poi stigmatizza la solitudine, creando ulteriore sofferenza per coloro che la sperimentano involontariamente.
3) Nel terzo caso, esistono numerose situazioni in cui la solitudine può emergere come una profonda sofferenza in risposta ad un evento specifico, come un lutto da elaborare, una separazione, la mancanza di relazioni intime, esperienze di abuso o violenza, traslochi in una nuova città, problemi di salute mentale o fisica, l’avanzare dell’età e altro ancora.
Ciascuna di queste situazioni può richiedere un supporto specifico e un lavoro di comprensione e guarigione, spesso meglio affrontati attraverso un percorso dedicato di psicoterapia. In queste circostanze, è essenziale riconoscere la solitudine come una reazione normale all’evento che si è vissuto e cercare il supporto necessario per affrontarla in tutte le sue sfaccettature.
Solitudine, i sintomi per poterla riconoscere
La solitudine interiore inizia a manifestarsi in genere attraverso una serie di sintomi emotivi, comportamentali e fisici che possono variare da persona a persona.
Riconoscere questi segnali è fondamentale per affrontare il vuoto esistenziale e cercare il supporto necessario.
Alcuni dei sintomi più comuni della solitudine includono una sensazione pervasiva di tristezza o vuoto, una crescente mancanza di interesse per le attività che un tempo suscitavano grande coinvolgimento, cambiamenti negli schemi del sonno e dell’alimentazione, una maggiore irritabilità e ansia, nonché una diminuzione della motivazione e dell’autostima.
È importante notare che questi sintomi possono variare in intensità e durata, ma se persistono e iniziano ad interferire significativamente con la vita quotidiana è consigliabile cercare il supporto di amici, familiari o di un terapeuta per affrontare quanto prima questa condizione in modo efficace.
Solitudine e depressione: come si rinforzano a vicenda
Depressione e solitudine sono spesso strettamente correlate, dal momento che l’isolamento sociale prolungato può essere un fattore scatenante o comunque in grado di contribuire alla depressione.
Quando una persona sperimenta una solitudine esistenziale profonda e persistente, può sentirsi isolata, priva di supporto emotivo e spesso intrappolata in un ciclo negativo di pensieri e di emozioni. Questa sensazione di isolamento può intensificare i sintomi della depressione, portando a sentimenti di tristezza, disperazione e scarsa autostima.
Affrontare il senso di solitudine è quindi cruciale anche per prevenire o gestire la depressione, dal momento che il supporto sociale e i legami di valore svolgono un ruolo fondamentale nella promozione del benessere emotivo.
Solitudine vuoto interiore
Come visto, la solitudine può essere spesso accompagnata da un profondo senso di vuoto interiore, ovvero una percezione di incompiutezza o di mancanza nella propria vita.
Questo vuoto interiore può manifestarsi come un senso di carenza emotiva, in cui una persona si sente distante dalle proprie emozioni o incapace di provare gioia, o come un vuoto nell’ambito delle relazioni, con una mancanza di rapporti significativi e appaganti.
È un sentimento certamente doloroso che può portare a una generale apatia e insoddisfazione, come se mancasse il carburante vitale per affrontare la quotidianità con un certo mordente. In contemporanea, può rappresentare un segnale che indica la necessità di esplorare le proprie emozioni e i propri bisogni sopiti al fine di (ri)trovare un senso di appagamento e di pienezza nella vita.
Il concetto di Vuoto Creativo: come possiamo ribaltare il nostro rapporto con questo spazio
Qui voglio un attimo estendere il concetto di vuoto e vederlo anche come potenzialità, come spazio di ascolto e di possibile amplificazione del proprio essere.
Il vuoto è infatti uno spazio da cui può scaturire il processo creativo, una condizione in cui per forza di cose il rumore di fondo dell’ambiente esterno è ridotto o perfino quasi azzerato.
Vuoto è anche sinonimo di silenzio, una condizione che favorisce nettamente la possibilità di seguire le istruzioni che affiorano dal nostro mondo interiore più autentico.
Puoi vedere questo vuoto come un foglio bianco iniziale, uno spazio di quiete in cui accogliere e fare spazio ad un impulso creativo unico ed originale.
Entriamo adesso in qualche spunto pratico di utilizzo del vuoto creativo:
- Rallentare e prendersi un periodo di riflessione. Il vuoto creativo può essere visto come un momento in cui la persona ha bisogno di rallentare e riflettere sulle proprie esperienze ed obiettivi di vita. Questa fase può essere importante per riconsiderare le priorità e trovare nuove direzioni creative.
- Rigenerazione della propria energia interiore. Il vuoto creativo può essere visto come un periodo di rigenerazione delle risorse interiori e del carburante vitale che ci serve per i futuri progetti. Dopo un periodo di intensa attività anche sociale, è naturale che una persona possa sentirsi almeno in parte esausta. Il vuoto creativo offre l’opportunità di recuperare e accumulare nuove energie.
- Definizione di nuove sfide e obiettivi per crescere. Affrontare il vuoto creativo, che di per sé rappresenta anche un blocco, richiede spesso la capacità di superare la frustrazione e l’insicurezza. Questa sfida può portare ad una crescita personale, proprio per il fatto che il soggetto è costretto ad esplorare nuove idee, approcci e soluzioni per superare questo blocco iniziale.
- Scoperta di nuove prospettive. Durante il vuoto creativo, una persona può sentirsi spinta a sondare terreni e prospettive inedite, a volte con esiti inaspettati.
In questa accezione vediamo quindi un primo aspetto potenzialmente positivo della solitudine, che possiamo decidere di sfruttare in leva per aprire un nuovo capitolo della nostra vita, per entrare più in profondità in noi stessi e per far fiorire i nostri talenti.
Sentirsi intrappolati nella propria vita
Sentirsi intrappolati nella propria vita è un’esperienza emotiva destabilizzante che in alcuni casi può essere collegata alla solitudine interiore.
Quando ci si sente in una forma di trappola, si può percepire una mancanza di libertà ed una stretta nei confini della propria esistenza, come se la vita stesse erodendo il terreno su cui poggiamo e ci muoviamo.
Questo può derivare da molteplici fattori, tra cui relazioni insoddisfacenti, mancanza di realizzazione personale o vincoli emotivi più o meno manifesti.
In questo, la solitudine interiore può accentuare questa sensazione di prigionia dal momento che il senso di connessione con gli altri si affievolisce, così come la possibilità di ricevere un supporto concreto.
L’idea stessa che chi ti circonda non ti possa aiutare, o che per una serie di ragioni non sia nella condizione di farlo, finisce solo per alimentare un sottile senso di angoscia che vibra subito sotto la superficie della coscienza.
Quali sono le conseguenze sulla salute del sentirsi soli?
Ho già in parte accennato ai rilevanti rischi per la salute che derivano da un persistente isolamento e, in particolare, dalla solitudine sociale cronica, che oltre a peggiorare la qualità della vita ne può anche accorciare la durata.
Al di là di queste evidenze, possiamo elencare alcune conseguenze che si manifestano sul piano fisico:
- problemi cardiaci e cardiovascolari;
- ipertensione acuta o cronica;
- aterosclerosi;
- intensificazione generale dell’attività infiammatoria dell’organismo;
- problemi a livello polmonare;
- disordini metabolici ed obesità;
- diabete mellito di tipo 2.
E anche più strettamente a livello psicologico:
- disturbi ansiosi e depressivi;
- riduzione della memoria;
- graduale deperimento cognitivo con maggior rischio di insorgenza di forme di demenza senile (aumento del rischio pari al 40%);
- indebolimento del sistema immunitario;
- peggioramento della qualità del sonno;
- uso eccessivo di sostanze con sviluppo di dipendenze.
(Fonte: YanguasJ. et al. The Complexity of Loneliness. Acta Biomed.2018)
La solitudine affettiva
La solitudine affettiva è una forma particolarmente dolorosa di isolamento emotivo. Si verifica quando una persona sperimenta una profonda mancanza di collegamento e affetto nelle relazioni personali.
Questo tipo di solitudine può manifestarsi anche quando si è circondati fisicamente dalle altre persone, dal momento che la vera essenza della solitudine affettiva risiede nella mancanza di un legame emotivo genuino e appagante, o nella stessa capacità di instaurarlo.
Può derivare da relazioni insoddisfacenti, mancanza di intimità o da una serie di esperienze passate che hanno portato ad una chiusura emotiva.
Affrontare la solitudine affettiva richiede un lavoro interiore profondo per sviluppare una maggiore consapevolezza emotiva, migliorare le proprie competenze relazionali e cercare rapporti umani più appaganti ed autentici.
Solitudine in amore: perché ci si sente soli in coppia?
Se ti ritrovi a vivere una sensazione di solitudine all’interno di una relazione di coppia, è essenziale scandagliare le motivazioni radicali di questo stato emotivo.
In questo caso, tra l’altro, l’esplorazione interiore è molto delicata perché si interconnette intimamente ai sentimenti e a tutto il crogiolo di emozioni e dinamiche psicologiche scatenate dal partner.
Le possibili cause della solitudine in amore possono essere molteplici:
- Vivere l’intimità con il freno a mano sempre tirato. La mancanza di intimità, o comunque la sua progressiva riduzione, può affondare le sue radici in esperienze emotive e affettive pregresse che, se trascurate, non fanno altro che peggiorare la situazione.
- Lontananza fisica del partner. Un partner che viaggia spesso, o che comunque si trova sovente lontano dall’abitazione di coppia, genera facilmente una sensazione di solitudine che può compromettere la stabilità della relazione.
- Problemi di salute. La presenza di problemi di salute, come malattie croniche del partner, può avere ovvi risvolti negativi sulla dinamica relazionale.
- Incompatibilità di fondo. Segnali come intolleranza, risentimento o scarsa qualità nella comunicazione possono essere sintomi di un certo grado di incompatibilità tra i partner.
- Problemi emotivi e disturbi psicologici. Specifiche condizioni come l’ansia, la depressione o disturbi di personalità di varia natura possono avere un impatto significativo sulla relazione e alimentare sentimenti di solitudine nel partner.
- Sopraffazione sul piano fisico o emotivo. La violenza, sia fisica che psicologica, può avere effetti devastanti sulla psiche di chi la subisce e lasciare delle ferite indelebili.
Sentirsi sola in coppia è certamente un vissuto molto sgradevole e frustrante, ma esistono alcune azioni che puoi intraprendere in autonomia per migliorare gli equilibri del rapporto anche in tempi rapidi:
- Comunicazione aperta ed empatica. Cerca di parlare apertamente con il tuo partner, esprimendo ciò che provi, le tue ferite emotive e tutti i bisogni che percepisci come non riconosciuti.
- Maggiore tempo per te stesso/a. Dedica del tempo per il tuo benessere personale e trascorri momenti con amici e familiari.
- Supporto professionale. Considera l’opzione di consultare un professionista della salute mentale per affrontare la situazione in modo più approfondito.
- Esplora la tua dipendenza. Alcune persone scelgono di iniziare o di rimanere all’interno di relazioni insoddisfacenti per via della paura della solitudine. In questo caso risulta essenziale riconoscere la propria dipendenza emotiva e lavorarci sopra per iniziare a costruire relazioni più sane.
Ricorda che la solitudine in una relazione può derivare da molteplici fattori, ed è essenziale affrontarla in modo consapevole e costruttivo per migliorare la qualità della tua vita e della tua relazione.
La solitudine negli anziani
La solitudine tra gli anziani è un problema diffuso e sempre più significativo. Molte persone anziane possono sperimentare un marcato vuoto interiore a causa di cambiamenti nella loro vita sociale, come il pensionamento, la perdita di amici e familiari o la diminuzione delle attività collettive.
Questo senso di isolamento può avere un impatto negativo sulla salute fisica e mentale delle persone anziane, aumentando così il rischio di depressione, ansia e altre condizioni mediche.
Affrontare la solitudine negli anziani è di fondamentale importanza per migliorare la loro qualità di vita e promuoverne quanto più possibile il benessere emotivo.
Gli interventi che favoriscono la connessione sociale, come il coinvolgimento in attività comunitarie o la partecipazione a programmi di supporto, possono risultare preziosi nel contrastare la solitudine interiore tra le persone anziane e garantire loro una vecchiaia più soddisfacente e appagante.
Solitudine psicologia: quali sono le sue radici profonde?
Come già accennato, la psicologia della solitudine è complessa e multisfaccettata, toccando corde profonde del nostro essere.
La solitudine e l’isolamento spesso danno vita ad un dialogo interiore nocivo, specialmente quando queste sensazioni hanno accompagnato la persona per un lungo periodo e sono assurte, suo malgrado, al ruolo di scomodo compagno di viaggio.
In diversi casi il sentirsi soli è infatti associato ad un’immagine di sé depotenziante e svalutante, dove la persona non riesce ad apprezzarsi e non percepisce quindi nemmeno il valore che può apportare in una relazione di amicizia.
I pensieri negativi possono poi avere origini diverse. Alcuni affondano le loro radici direttamente nei primi rapporti familiari, mentre altri possono essere alimentati dalle circostanze attuali, creando così un circolo vizioso difficile da rompere.
Dopo numerose ricerche e basandomi anche sulla mia esperienza diretta come psicoterapeuta, ho individuato alcune possibili radici psicologiche nascoste alla base della sensazione di solitudine:
- Storie di trauma, abusi o maltrattamenti. Se hai vissuto traumi psicologici o abusi gravi, queste esperienze lasciano sempre ferite emozionali profonde che alimentano la solitudine interiore.
- Attaccamento infantile insicuro. Un’infanzia caratterizzata da un attaccamento incerto e non garantito, in cui non hai ricevuto la necessaria vicinanza, ascolto ed empatia dai parte dei tuoi genitori, può contribuire a comportamenti e sentimenti di isolamento nella vita adulta. La Teoria dell’Attaccamento di J. Bowlby ha evidenziato l’importanza cruciale delle prime interazioni tra il bambino e la madre per stabilire dei pilastri sani su cui verrà edificata la personalità adulta. Uno stile di attaccamento insicuro contribuisce in genere ad una bassa autostima, a difficoltà nel costruire relazioni significative e al desiderio di cercare sempre l’approvazione dagli altri per colmare il vuoto interiore.
- Paura dell’intimità. Il timore dell’intimità può derivare dall’aver imparato a temere il rifiuto, ma anche dall’umiliazione o dal distacco nei momenti in cui hai cercato una connessione più profonda con gli altri.
- Costruzione di un’identità negativa. Per proteggerti dalle ferite emotive e dal dolore associato, potresti aver sviluppato un’identità che ti porta ad evitare l’esposizione emotiva e a giudicarti duramente per gli errori e gli insuccessi.
- Tendenza al perfezionismo. Un eccessivo orientamento verso il perfezionismo, specialmente quando rivolto verso di te, può portarti a considerare ogni tuo aspetto come insufficiente o inadeguato, ovvero da migliorare, contribuendo così all’isolamento.
- Depressione. La solitudine interiore spesso accompagna la depressione, con i sintomi di entrambe le condizioni che si intrecciano e si alimentano reciprocamente.
Riconoscere queste possibili cause è il primo passo per affrontare la solitudine interiore in modo efficace. La comprensione delle radici psicologiche intime può aiutarti ad impostare un vero lavoro interno e a cercare il supporto necessario per migliorare il tuo equilibrio emozionale.
Il ruolo delle ferite psicologiche dell’infanzia
Come abbiamo visto, determinate esperienze dolorose vissute durante l’infanzia possono lasciare dei solchi profondi che perdurano intatti nella vita adulta, continuando ad esercitare la propria influenza da dietro le quinte.
Del resto, è proprio così che agisce l’inconscio, che possiamo vedere un po’ come il nostro burattinaio, che si muove sulla base non di una volontà consapevole, ma di un insieme meccanico e variegato di programmazioni.
È impossibile esaminare tutte le situazioni che possono radicarsi in noi durante l’infanzia, ma è importante notare che essere trascurati o addirittura traditi da chi avrebbe dovuto prendersi cura di noi e proteggerci può causare ferite profonde nella psiche.
Ferite che poi, una volta diventati adulti, continueranno a plasmare e condizionare i nostri comportamenti secondo schemi ripetitivi.
Queste esperienze devono essere affrontate apertamente, poiché spesso sono la radice della sofferenza che sperimentiamo oggi. Solo affrontando queste componenti emotive possiamo arrivare a comprendere il nostro vero valore e a liberarci dall’identificazione con esse.
La solitudine interiore che può farci crescere: l'”ottava alta” dell’isolamento
Fino a qui ti ho dipinto un quadro abbastanza negativo della solitudine interiore, anche alla luce del suo impatto sulla destrutturazione del senso di comunità e di peggioramento della qualità di vita nei soggetti che ne sono particolarmente esposti.
Ci sono però anche degli aspetti positivi nella solitudine?
Ci sono delle situazioni o persone che possono trarre beneficio dalla solitudine?
Entriamo quindi nella sfera della psicoterapia olistica e facciamo alcune considerazioni scendendo ad un livello più profondo.
La solitudine può essere vista all’ottava bassa, come ti ho finora descritto ampiamente nell’articolo, quale senso di isolamento sociale, solitudine esistenziale, mancanza di supporto e perfino aumento del senso di disperazione e abbassamento del tono dell’umore.
Come in tutte le cose, però, c’è sempre anche un’ottava alta, l’altra faccia della medaglia che possiamo vedere dopo un autentico lavoro di trasformazione.
Molti problemi possono essere cavalcati e utilizzati come nostri alleati fedeli per raggiungere nuove conoscenze di noi stessi, nuove introspezioni e per sviluppare delle qualità che ci saranno senza dubbio molto utili.
In questo senso, puoi vedere la solitudine come l’abbassamento del rumore di fondo della società e l’opportunità di entrare in contatto intimo con sé stessi. Paradossalmente questo può essere fatto sia da soli in alta montagna che nel bel mezzo di una piazza cittadina molto affollata. La condizione esterna di presenza fisica o meno di altre persone diventa sempre più sfumata e irrilevante.
Se non entri in connessione esterna con gli altri, hai l’occasione unica di farlo con te stesso/a. Puoi dimorare in te, sentire le correnti emotive che ti attraversano, entrare in ascolto sacro del tuo sentire interno, di ciò che ti viene sussurrato dalla parte più profonda e autentica del tuo essere, che altro non è che il passeggero nella metafora della carrozza di G. I. Gurdjieff.
Entrando in noi stessi: il sistema di convinzioni e il copione esistenziale
Indagare le convinzioni fondamentali che riguardano noi stessi e gli altri può disvelare i nostri pregiudizi nascosti e tutti quei “punti ciechi” che possono contribuire alle sfide relazionali legate alla solitudine. Questo processo ci aiuta ad identificare le componenti di vergogna legate alla percezione di noi stessi e alla nostra identità.
Vergognarsi profondamente di sé stessi porta quasi sempre ad un maggiore isolamento e ad un disagio manifesto in presenza di altre persone, da cui ci si sente sempre giudicati anche in modo implacabile.
La vergogna e l’immagine di sé svalutante devono trovare ampio spazio di indagine e di lavoro all’interno di un percorso di psicoterapia, così come l’accettazione stessa del fatto di sentirsi soli o di percepire disagio in relazione alla propria solitudine, qualunque sia il contesto in cui si manifesta.
Quando parliamo di dinamiche esistenziali o psicologiche, non bisogna comunque nemmeno dimenticare il ruolo del cosiddetto copione esistenziale, che possiamo vedere come dei fili invisibili che collegano da dietro le quinte le nostre azioni, portando a risultati prevedibili all’interno di uno schema precostituito.
Nel momento in cui ci troviamo intrappolati in un determinato copione esistenziale e in una particolare storia di noi stessi entriamo in un loop in cui cerchiamo continue conferme nella realtà esterna, in una profezia che si auto-avvera.
Tra l’altro, per poter cambiare copione di vita dobbiamo prima iniziare ad accettare pienamente quello che stiamo recitando adesso.
Non si può cambiare qualcosa che rifiutiamo e a cui resistiamo. Anzi, la nostra resistenza lo rafforza, l’energia psichica che spendiamo nella lotta lo nutre e lo perpetua a nostre spese.
La riacquisizione del nostro potere personale attraverso la solitudine
L’esperienza di solitudine, alienazione, isolamento o scollegamento dal mondo esterno può anche fungere da indicatore, da cartina tornasole di problematiche esistenziali più recondite.
È possibile sperimentare una profonda solitudine o una tristezza esistenziale, e grazie a questa arrivare a desiderare ardentemente di far parte di una realtà più ampia o semplicemente di sentirsi connessi e appartenenti a qualcosa di significativo.
La capacità di stare da soli con sé stessi può comunque essere sviluppata, imparando al contempo a sentire quello che proviamo in quei momenti.
Questa è un’opportunità unica per edificare la propria “casa sulla roccia”, per rinsaldare i pilastri del nostro essere e smettere quindi di dipendere dagli altri, dalla loro presenza, considerazione o approvazione.
In termini semplici, è un’occasione per diventare pienamente adulti e centrati in noi stessi.
Mendicare l’approvazione degli altri, in un continuo rapporto di dipendenza affettiva, significa tenere una parte del nostro potere personale al di fuori di noi e farlo passare attraverso il mondo esterno, che per definizione non controlliamo.
Da qui nasce il concetto prezioso che saper stare da soli con sé stessi è una dote molto importante, che ci consente poi di sviluppare rapporti interpersonali più di qualità.
L’ultima cosa che ti voglio lasciare in questo articolo è che la trasformazione del rapporto con la propria solitudine va vista come un percorso e non come una meta da raggiungere nell’immediato. Il lavoro interiore passa per step successivi, anche se con un’adeguata attività terapeutica i tempi possono essere accelerati e relativamente brevi.
Dietro alla solitudine, infatti, si annidano spesso carichi emotivi e istanze psicologiche che meritano il loro spazio e di essere portare in terapia in un contesto protetto, senza il carico opprimente di un ulteriore giudizio che non farebbe altro che aumentare la quantità di sofferenza.
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Medico psicoterapeuta
Sono iscritta all’Albo Professionale dei Medici dall’anno 2008 ed esercito la professione di Psicoterapeuta sia per mezzo di sedute online (via Zoom o Skype) che in presenza nel mio Studio privato vicino al centro storico di Novara.
Perché rivolgersi ad un medico psicoterapeuta?
Grazie alla sua duplice formazione medica e psicoterapeutica, un medico psicoterapeuta è in grado di valutare il paziente non solo dal punto di vista meramente psicologico, ma anche di considerare eventuali fattori biologici, medici e farmacologici che possono influenzare il disturbo, conflitto interiore o disagio portato dal paziente.
Questo permette una presa in carico olistica, in cui si possono trattare problematiche emotive, psichiche e fisiche in modo sinergico, personalizzando il percorso terapeutico per ottenere risultati più efficaci e duraturi.
I vantaggi tangibili per il paziente consistono intempi mediamente più brevirispetto alla psicoterapia tradizionale e senza limitarsi a quella che potrei definire come“terapia dell’ascolto”.
Dott.ssa Elisa Scala,medico psicoterapeutaa Novara